L'ultimo
libro di
Adolfo Giuliani
'A jonta
editore Tullio Pironti,
Prefazione della prof,ssa Clementina Gily
Una parola che
torna dall’infanzia nella Napoli di una volta, “‘A jonta”:
era l’aggiunta del panettiere all’acquisto della ‘palata’,
di peso irregolare, per ‘fare’ il peso giusto. E allora
significava il piacere del bambino che lo riceveva in premio
del suo silenzio, nelle peregrinazioni per la ‘spesa’ come
si usava una volta.
Tutto un piccolo mondo antico
torna alla memoria con una parola che non si usa più, tranne
che in qualche detto popolare. Ma il senso che essa
restituisce è la gioia dell’infanzia, il sorriso per
salutare la vita che torna, anche se velata dai troppi
medici da consultare di continuo. Adolfo Giuliani non è
giovanissimo, ma descrive la mesta emozione che tocca oggi a
tutti o quasi, giovani e no, nell’era della prevenzione
obbligatoria. L’altalena risana, ma pure immalinconisce.
Perciò è giusto cercare di trovare equilibrio ricordando
nella jonta il sorriso dell’infanzia.
Non stupisce questa reazione forte, di
‘carattere’, che così bene rappresenta la dote che meglio
distingue Giuliani, un artista che ha l’arte delle relazioni
di comunità; grazie ad essa è riuscito nell’impresa di
tenere insieme tanti artisti di Napoli, d’Italia e di oltre
Italia, in un colloquio segnato dalle Mostre Internazionali
per ben vent’anni. Il sodalizio è raro nell’arte, dove le
più grandi come le più piccole riunioni sono minate dal
genio ribelle che caratterizza anche il più piccolo
dilettante d’arte. L’antico scugnizzo delle quattro giornate
di Napoli invece ha l’anima del vero figlio di questa città,
votata alla stima delle donne ed alla volontà di
conciliazione delle Madri; che a volte anche esagerano.
Perciò da buon figlio ha rimproverato senza smettere di
amare e tenere in culto: quando ha coniato il termine ‘esasperatismo’.
Che vuol dire: adattarsi sì, ma con giudizio; rinascere sì,
ma resistere anche. Il Bidone arrugginito nasce a nuova vita
per la sua volontà di vita ostinata, ricca d’idee.
La longevità del
movimento si deve alla saggezza di caratterizzare il
movimento non con uno stile ma con un simbolo, agendo più da
gallerista che da artista. Nel simbolo è facile riconoscersi
dalle più lontane sponde. Il Bidone rappresenta la nascita
nella povertà, nella stalla della stretta strada napoletana
intitolata a Salvator Rosa, la celebre
‘nfrascata dei guappi
di una canzone, che portava su nel verde all’inizio
della staggione,
dov’era la casa natale del grande pittore. E ora una nuova
stagione toccherà tra gli altri anche al primo, celebre,
Bidone nero e rosso, vesuviano, con cui l’artista Giuliani inaugurò
l’avventura: nel Museo Internazionale Europeo
dell’Esasperatismo, che infine ha trovato luogo nello spazio
una volta occupato dal tribunale di Sant’Angelo dei
Lombardi; in un frequentato, costituendo, Istituto di
Cultura che accoglierà i giovani consentendo alle opere di
partecipare attivamente ai loro studi. Una bella idea per
una casa della cultura, Suor Orsola una volta era fatta
così, non a caso l’aveva trasformata Croce in istituto di
formazione.
Peccato che Napoli, pure così ricca di
spazi, esiti a creare alternative d’arte alle Istituzioni
secolari che troppo spesso ospitano stranieri che assumono
stranieri, e le loro mostre: essere capitale d’arte anche
grazie ad altre istituzioni private, come a Parigi e
ovunque, consentirebbe di fare spazio alle tante voci e
forze della città. Tante collezioni emerite sono state
formate e poi esportate in luoghi meno chiusi, non legati
alla politica in tutte le sue forme; la città seguita a dare
sempre troppo spazio alle sempre nuove lotte dei baroni, la
vera spina nel fianco della città. Comunque, meglio per i
piccoli paesi e per i collezionisti, che grazie a questa
autolesionistica politica napoletana creano circuiti
turistici di nicchia, ma che riescono ad attivare indotti
importanti per i territori, fanno decrescere la
disoccupazione. Napoli non perde mai il piglio di capitale
che tratta con l’estero e non bada alle sue ricchezze: e
così se ne lascia espropriare, come sempre.
Adolfo Giuliani ama
Napoli, e lo dimostrano in modo nuovo le sue opere recenti,
Il Trebbetoed ora
La Jonta,
nonchél’intervista su YouTube (oscom.unina) dove racconta la
sua infanzia sotto i bombardamenti e fatti del suo vivere
poi, nella Napoli di sempre. In queste scritture l’amore che
creò i collegamenti d’arte in città, si fa anima della
memoria, in racconti e poesie in piccola parte di prima, per
lo più di oggi, creando le melodie adatte ai nuovi simboli
che ha creato, in questa città così simbolica da intitolare
al Nilo una statua antica.
Come il Bidone,
così il Trebbeto e la Jonta, parlano con voce diversa,
simboli e parole, della Napoli
cumm’era, che se
si sa vedere è anche la
Napulecumm’è. Allaggente
(come diceva Tina Pica) che riesce a sperimentare la povertà
estrema senza perdere la resistenza spirituale: Filomena
Marturano è il simbolo dell’estrema povertà che sa farsi
riscossa morale. Lo scugnizzo Adolfo che restò chiuso sotto
un palazzo caduto, nel bombardamento, che assisté alla morte
del giovane marinaio sulle scale dell’Università… sapeva
intanto accumulare ricordi pieni di sapore, nella famiglia
che aveva nel Trebbeto un focolare portatile sempre a
disposizione di tutti, pronto alla solidarietà ed alla
comunanza. Quanto di questo rimane ora alla città che ha
mandato all’estero i figli capaci di ricchezza ed è perciò
messa in scacco da piccole truppe di malavitosi che la
vittimizzano; come fanno i veri violenti: dicendo cioè che è
colpa di Napoli l’essere vittima di Gomorra? Pochi cittadini
guadagnano la celebrità, buttando fango sugli onesti: senza
uomini come Giuliani, in cui tanti altri si riconoscono e
tirano il fiato per portare avanti la fiaccola, dove saremmo
finiti?
La vecchia divisione tra nobili e plebe,
rimasta, forse all’incontrario, ridicolizza chi ha buoni
sentimenti a vantaggio dei prepotenti. Ci salva il
riconoscersi nelle visioni della sacralità della Bellezza, e
vivere l’Esasperatismo nella consapevolezza che di rado agli
onesti tocca sorte migliore della buona coscienza. Donare
questa voce all’Enciclopedia Treccani, è perciò stato il suo
contributo di napoletanità, di uomo di pensiero oltre che
artista: il termine dice bene quell’essere indignati e
composti, nonostante i lazzi di Pulcinella; avere un buon
rapporto con la morte, sconfiggendola con la speranza. Quel
che bene si riflette nelle ‘capuzzelle’, dai nostri cimiteri
poverelli ai fasti di Rebecca Horn. Sconfiggere la morte
ignorandola, smettendo di averne paura, come dice Giuliani,
è quel che consente alla gente di Napoli di continuare nel
fascino della città mai eterna e sempre presente. Ed è forse
il giusto modo di reagire alla campagna elettorale
permanente, bisognerebbe fare un amuleto anche contro di
essa, basta coi corni – un po’ di fantasia… e forse il
bidone è già l’amuleto utile a ricordare che poi quel che
conta è l’anima.
La ‘Jonta’
ora, dopo il Trebbeto, è un po’ più esasperata: una temperie politica
sconcertante occupa la parte narrativa con pagine che si
possono riassumere nel titolo breve, “Come siamo ridotti”;
il motivo, sempre in breve, si coglie nel titolo “Comici al
potere”. Privi di ogni prosopopea, ma non di arroganza,
echeggiano sempre più da vicino quell’Italia barbara che non
si voleva riconoscere esistente, che gli ultimi trent’anni
hanno portato allo scoperto. Finito il perbenismo di destra
e sinistra, politici sempre più scollacciati ormai
echeggiano l’ordine con parole di lotta di cui si spera, per
lo più, di ignorare la chiara violenza d’intenti. Come negli
anni ’20.
Ma basta: le poesie di giuliani, la gran
parte del volume, già vanno a ritrovare nella musicalità del
dialetto la Napoli che tanti sanno sentire nel canto
partenopeo, nella malia delle sere, nelle chiacchiere di
attesa di insospettabili filosofi, nel cantante alla
finestra della Pietrasanta, nello splendore della marina che
resiste a tutte le angolature. Anche soffrendo per il
mancato riconoscimento, Napoli è sempre Napoli.
Adolfo Giuliani si
dimostra suo cantore sincero e conclude come si deve con
ricette e idee per la pizza del duemila. È la melodia de
La Jonta, che come
le canzoni appassionate lascia la bocca buona, più che
nostalgica, propensa al futuro della memoria, per sostenere
la gioiosa ripresa del turismo, che nell’anima di Napoli
trova il suo maggiore fascino – Bellavista/De Crescenzo bene
ricordava l’ epicureismo alto di questa napoletanità
virgiliana, cosciente della bellezza della vita nella sua
piena semplicità…
Jesce sole, si cantava nelle vie… un canto antico, che
bisogna ricordare ai giovani, che frequentano più i media
che le strade.
Orientarsi nel
labirinto, oggi come ieri è fissare i punti cardinali per
disegnare le strade. Adolfo Giuliani, Artista dell’Arte
di Ragionare, il nome dei laboratori OSCOM d’arte e
formazione, sa fissare dei simboli. È maestro di arte e
formazione perché le triennali internazionali, con la loro
ciclicità, sono state un invito costante agli artisti a
riflettere ed a relazionarsi. Questo vuol dire il simbolo
Bidone: le opere furono prima dipinte su di un bidone; poi,
ebbero un bidone nel testo; infine, dissero la loro
appartenenza rispettando le misure del Bidone: 55x85. Quel
che conta, quindi, è l’anima del quadro, il messaggio che sa
trasmettere, coi colori e con lo stile preferito. Un’arte
non decorativa, quindi, né esibizionista. Il bidone è uno
spazio chiuso che nasca dall’aperto e dà sull’aperto, un
Graal più che un vuoto. Vale per quel che contiene. China
sul suo intimo nella ricerca di ogni artista, anche
dilettante, sa dar vita ad una immagine che rechi il segno
di quel che conta. Nel segno di un corpo, dar fiato alla
creatività di una tecnica è sempre un riuso di materia che
configura un nesso. È questo il verso, sacro, senso
dell’arte, ma anche del pensare; il mondo si vive gustando
con pieno animo ed anima le percezioni, comprendendone
sempre meglio l’arcano.
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