I quattro punti del Manifesto esasperatista:
nuove prospettive
di Marta DAuria
Il primo punto del movimento esasperista recita:
2.1 Vivere quotidiano
In nome della soddisfazione dei propri bisogni e del miglioramento della qualità della
propria vita, luomo si è immesso in un ritmo frenetico, in una spirale indefinita
di attese e realizzazioni. Ha chiamato tale fluire progresso, andare
avanti, e ne ha perso ineluttabilmente la possibilità del controllo e
dellarresto. Lo stress e la depressione sono i risvolti patologici
dellesasperazione del vivere.
Era il maggio 2000, lumanità guardava gli albori di un nuovo millennio e, con
euforia e ottimismo, si lasciava alle spalle le problematiche nate nel XX sec., andando
incontro ad un futuro fatto di benessere e successo. In quel clima così entusiastico, il
manifesto del prof. Giuliani è voce discordante, o meglio, il manifesto del prof.
Giuliani è voce profetica: come nella tradizione biblica profeti non sono coloro che
predicono il futuro, ma coloro che sanno leggere la storia che si dipana sotto i propri
occhi e le sue contraddizioni per richiamare la collettività ad una vigilanza, ad una
presa di coscienza, ad un atto di resistenza, così Giuliani ha saputo profeticamente
cogliere il dramma di un tempo in cui la creatura umana si stava perdendo in una corsa
frenetica, dettata dal dio progresso. In quel vortice incontrollato, la felicità coincide
con il possesso ed il potere, il valore della persona con il valore del suo conto in banca
e della sua influenza nella società.
Dalla presentazione ufficiale di quel Manifesto, avvenuta appunto in quel maggio del 2000,
sono passati 12 anni durante i quali quel sogno ottimistico di un millennio di benessere,
felicità e sicurezza si è miseramente infranto: il crollo delle torri gemelle, la paura
del terrorismo, lo scontro di civiltà, antichi e nuovi focolai di guerre, le calamità
naturali, il crollo finanziario globale (2008), la rinascita di nazionalismi, la povertà
crescente, la fame, disastri nucleari (Fukushima - 2011), i flussi migratori, i crack
commerciali, la decadenza politica
e la lista potrebbe continuare
Nel primo punto del manifesto dellEsasperatismo, ovviamente, non si parla di
finanza, di debito, di precarietà, termini/realtà che caratterizzano il nostro vivere
quotidiano. Non poteva essere altrimenti. Solo oggi vediamo con chiarezza che
leconomia e la finanza non sono al servizio dellappagamento dei bisogni
sociali basilari, in un sistema internazionale democratico, rispettoso dei diritti
fondamentali della persona e della natura; solo oggi è evidente che il vigente sistema
economico internazionale inasprisce le disuguaglianze sociali, favorisce la xenofobia,
mette laccumulazione dei profitti al di sopra dei diritti umani e insiste nel
degradare le persone a meri consumatori di prodotti, non a promuoverle alla dignità di
cittadini.
Solo oggi appare chiaro sotto i nostri occhi che le lente riforme peggiorative del diritto
del lavoro hanno avuto ripercussioni su tutti gli aspetti dellesistenza, e non solo
di quella di chi lavora. La vita di un crescente numero di persone è sempre più
caratterizzata dalla precarietà: precarietà del reddito, del lavoro, ma anche di
qualsiasi progetto di futuro, come decidere di lasciare i genitori, intraprendere una vita
adulta, metter su casa, avere dei figli.
Il modello di società che negli anni si è andato affermando, è quello in cui non sono
più garantiti né beni, né diritti, né un sapere comune; dove ognuno deve cavarsela
come può.
Il fallimento di quel modello di progresso è sotto gli occhi di tutti e tutte: la
qualità della vita non è migliorata, le relazioni umane non sono migliorate. In questo
tempo di crisi economica, ambientale, culturale, etica il vivere quotidiano
mostra chiaramente il suo volto esasperato, mostruoso e deformato.
Luomo, immessosi in un ritmo frenetico (come sottolinea il Manifesto), ne ha perso
il controllo e oggi ne è completamente vittima. Nella cieca illusione di realizzarsi, di
raggiungere traguardi sempre più alti, e nel delirio di voler controllare ogni aspetto
della vita, luomo si è perso.
Un proverbio afghano (ripreso da Federico Rampini come titolo del suo ultimo libro)
recita: «Voi avete gli orologi? Noi abbiamo il tempo», lapidario motto contro la
frenesia occidentale.
Il nostro vivere quotidiano scorre troppo in fretta, e noi non riusciamo a stargli dietro.
Ogni cosa procede troppo velocemente, gli impegni rincorrono affannosamente le lancette
dellorologio, e non riusciamo più a dare spazio nella nostra vita al tempo, inteso
come un luogo sacro da dedicare alle piccole
grandi cose come: sorseggiare un tè
con unamica, fare colazione con la persona amata, leggere una favola al proprio
bambino, ascoltare della buona musica, attendere il tramonto del sole
Se riuscissimo
a strappare queste pause al ritmo frenetico dei nostri orologi daremmo un
volto più umano al nostro vivere quotidiano e, forse, ci faremmo trovare meno impreparati
al momento in cui saremo confrontati con lesperienza del limite estremo della
malattia e della morte, nostra e delle persone che amiamo.
E invece no! Aggrovigliati come un nastro che si attorciglia, siamo sempre in affanno,
affaticati dal pensiero di non farcela.
Ancora una volta profeticamente, nel suo manifesto Giuliani individua nello stress e la
depressione i risvolti patologici dellesasperazione del vivere.
La depressione oggi sta diventando unemergenza mondiale. Il World Mental Health Day
(che si è celebrato il 10 ottobre scorso) è stato dedicato proprio a questa patologia
che, secondo le previsioni dellOrganizzazione mondiale della sanità, diventerà nel
2030, la malattia cronica più frequente. Un disturbo che oggi tocca molti giovani che
stentano a trovare lavoro, ma anche i cinquantenni che escono dal ciclo produttivo per
sempre.
Rispetto a quanto veniva percepito nel 2000, quando nasceva lEsasperatismo, credo
che oggi il nostro vivere quotidiano esasperato abbia come sue conseguenze problematiche
anche una aggressività diffusa e una violenza crescente a tutti i livelli.
Laggressività e la violenza non è solo quella eclatante che sfocia nelle percosse
fisiche, nellomicidio, nel femminicidio, cè unaggressività che si
evince dal linguaggio verbale, dal comportamento, da come stiamo nel mondo
se
chiedessi a ciascuno/a di voi di condividere un episodio di aggressività o violenza nel
nostro vivere quotidiano di cui siamo stati spettatori, o ahimè protagonisti, credo che
non avremmo il tempo di ascoltare gli interessanti interventi che sono in programma
Ma allora? Cosa ancora ha da dirci dopo questi 12 anni questo manifesto? Quali possono
essere le prospettive future?
Credo che rimanga valido lappello che percorre tutto il manifesto a
rimanere umani, a non lasciare che la nostra umanità sia sfigurata, a
continuare nonostante tutto ad avere fiducia nelluomo: pena il
regredire al livello bestiale; a non lasciarci trascinare in basso, a non cedere al
ribasso con i diritti e i valori. Il richiamo è a porre sempre come prioritari: la difesa
della dignità umana, e delle relazioni umane con laltro/a che incontriamo, siano
esse persone a noi vicine, siano persone che vengono da lontano e che ci interrogano con
la loro diversità culturale, religiosa. Lappello di Giuliani è Rimanere
umani per costruire non un futuro, ma già un presente fatto di fiducia, di
accoglienza, di non-violenza, di speranza.
Dunque, concludendo, lappello ancora valido e attuale del Manifesto è di resistere
e cercare di strappare il vivere quotidiano al turbinio frenetico dellesasperazione
attraverso la lotta al pensiero unico, allillusione del potere e del danaro;
attraverso la riflessione e lapprofondimento culturale; attraverso lo splendore
dellarte, la bellezza della poesia, e larmonia della musica; attraverso delle
occasioni di incontro in cui uomini e donne - con umiltà e serietà - si interrogano sul
senso della vita presente. Proprio come stiamo provando a fare noi questa sera, certo, con
i nostri limiti, ma anche con sincera gratitudine per lopportunità che ci è stata
donata dal prof. Giuliani e dal movimento dellEsasperatismo.
Grazie dellattenzione.
"LA NATURA VIOLENTATA: NUOVE
PROSPETTIVE"
di Clara Guarino
Affrontiamo, non senza una qualche apprensione, una tematica
affascinante, ma anche assai complessa. E il movimento al quale mi onoro, idealmente, di
appartenere, ha sempre affrontato argomenti di attualità e, al tempo stesso, si è fatto
carico in particolare di quelli emergenti. Qualsiasi discorso in merito, è bene che lo
diciamo come premessa, non è mai esaustivo perché le azioni umane appartengono
alluomo, ma la loro somma non è mai del medesimo uomo.
Il rapporto uomo-natura costituisce un unico, inarrestabile fiume che non ha principio e
non conosce fine. È come un tappeto mobile sul quale vai e stai fermo, stai fermo e
cammini.
È una singolare condizione la nostra, come osserva Husserl, nel Sein und zeit- Essere e
tempo. Il tempo è alla radice della vita e, al tempo stesso, è legato alla morte e varia
incessantemente.
Per questo la parola fine non si addice a nessun uomo, non gli si addice
nessuna conclusione. Michelangelo cominciò con il David e finì con la pietà Rondanini.
Gli uomini, le opere e le parole sono come grani di sabbia che scorrono nella clessidra
del tempo. E mi tornano in mente alcuni versi di Bruno Lucrezi:
Sta lOceano del tempo,
cadono
insieme
in esso
grani di sabbia.
Sadagiano al fondo
uguale distesa sommersa,
ma sempre una storia diversa ci preme.
È quella che alcuni definiscono la catalisi crociata delluomo con lambiente,
la interfunzionalità e la certezza che comunque sia, la natura e non luomo, che è
transeunte, rappresenta la memoria del mondo.
E, a riprova di tanto, nel libro La memoria del mondo Italo Calvino ha illustrato i
personaggi che parlano tra loro e fanno pronostici sul mondo, mentre intorno si muovono le
grandi ombre dei dinosauri e la Terra si è appena solidificata. Locchio del
narratore è andato molto più in là di una ricostruzione in termini di Scienza e di
Fantasia (o di fantascienza, se proprio si vuole) delle ere che si perdono nel sonno
antichissimo della geologia. Compie unoperazione inventiva di altissima novità e,
al tempo stesso, concreta esercitando limmaginazione sul passato quasi pre-umano
della nostra vita anziché interrogarsi sul misterioso futuro che ci attende.
È unoccasione stimolante e originalissima di lettura.
Prendendo spunto da frasi contenute in libri scientifici, Calvino ha trovato i testimoni
che cerano quando luniverso era ancora in formazione e li fa parlare.
La grande sorpresa che generano questi racconti sta nel dimostrare come , in fondo, anche
in un mondo remoto ove volano meduse al posto di farfalle, sia possibile sentire
vicinissime, la presenza delle inquietudini dei sentimenti, delle luci e delle ombre di
sempre nel rapporto uomo-natura.
Eppure voci, suoni, odori e rumori del mondo naturale esaltano la nostra forza, la nostra
potenza, la nostra passione, alimentano costantemente lansia di vivere, di operare,
di lottare per raggiungere qualche traguardo al di là del quale ognuno spera di
trovare,finalmente, quel che cercava, nel salutare oblio della nostra congenita
fragilità.
La passione è fondamentale, è la molla della vita.
Erasmo da Rotterdam sosteneva che Giove aveva inculcato nelluomo più passione che
ragione, per evitare che la vita diventasse monotonia e affinché luomo non si
abbandonasse a un distruttivo nichilismo. Spesso, infatti, il silenzio dei pensieri ci
pone nella condizione di dover rientrare in noi stessi, di misurare la nostra statura al
cospetto delle cose più grandi di noi.
Homo sapiens si è autodefinito luomo, ponendo se stesso sul gradino più alto della
gerarchia degli esseri viventi. Luomo occidentale è quello che ha premuto di più
lacceleratore in direzione dello sfruttamento illimitato dellambiente e che,
pertanto ha operato in maniera più massiccia verso una degradazione e ora deve fare i
conti con le conseguenze pericolose del deterioramento ambientale.
Per lungo tempo ci si è ostinati a ricercare come voleva Cartesio, quel metodo che
insegna ad analizzare esattamente tutti i dati. Paradossalmente è proprio in questo
processo di approfondimento critico e abbandono delle certezze tradizionali che la scienza
dimostra il suo vero limite.
Mettendo in crisi la sua stessa tradizione, la scienza è costretta ad accettare il
proprio destino tragico nella misura in cui prospetta un procedere senza fini e senza
sicurezze di sorta. Un procedere che non significa affatto progresso nel senso usuale del
termine, se per progresso intendiamo il progressivo dispiegarsi della Ragione che sempre
più si avvicina a un ideale di una conoscenza completa, di un assoluto controllo degli
eventi naturali, di una perfetta organizzazione della convivenza civile. Ebbene tutto ciò
è una chimera che appartiene a un passato recentissimo eppure distante da noi anni luce,
è lillusione di una cultura che credeva di essere vicina ad aver risolto tutti i
problemi. E, invece più avanziamo nel campo della conoscenza, più il mondo circostante
ci appare complesso e difficile da spiegare. Così è la società umana.
Quella stessa tecnologia che ci permette di vivere circondati di ogni comodità, oggi ci
pone dinanzi a delle alternative, a dir poco, angoscianti. Qualcuno lo definisce il
Grande gioco perverso mentre qualche altro, come Paolo Masullo, sostiene che
questa è la condizione dellumano in transito. È in gioco il futuro,
non tanto il futuro del nostro essere quanto del nostro divenire.
Credo che il terrificante deterioramento nel comportamento cieco della gente oggi derivi
fondamentalmente dalla meccanizzazione e disumanizzazione della nostra esistenza, un
disastroso sottoprodotto dello sviluppo della mentalità scientifica e tecnica che si
lanciano verso un futuro rischioso.
Nostra culpa! Luomo si raffredda molto più rapidamente del pianeta su cui vive.
Oggi la scienza ci impone di abbandonare le comode certezze sulle quali abbiamo costruito
il nostro benessere (o mediante le quali abbiamo mascherato il nostro malessere) e di
incominciare daccapo. La nostra speranza, io credo, non sta nella fuga dalla tecnologia o
dalla scienza, ma in un diverso e più maturo modo di intendere tecnologia e scienza. Ci
rendiamo, finalmente, conto come gran parte del nostro tempo sia speso in cose non utili e
non essenziali ai nostri reali bisogni.
Basterà imparare a contemperare i tempi del nostro mondo naturale con il ritmo della
mente, persuasi che il
tacito infinito andare del tempo distrugge le cose mediocri
ma arricchisce e rafforza quelle autentiche. È soprattutto nella nostra testa che devono
cambiare le cose, il nostro modo di intendere. Nel mezzo, pur nel pacato ma attento
ascolto del sommovimento in alto, si profila la necessità di un impegno etico per non
patire passivamente, anzi per governare con ragione affettiva
larticolatissimo mescolamento che avanza.
Se Martin Heidegger ha indicato nella cura dellEssere il nostro compito più
proprio, il concetto di post-umano indica nella cura del Divenire, cioè nella cura della
dimensione evolutiva del bio-tecnocrate, limpegno più adeguato a un uomo che va
inteso e ripensato come sospeso tra natura e cultura, tra tecnica e tecnologia, per un
agire rivolto a rendere possibile, nel mutamento incessante, il suo continuarsi.
La bellezza della natura salverà il mondo sosteneva Dostoevskij e la bellezza nasce dallo
sguardo delluomo, da uno sguardo avvezzo a guardare e a comprendere.
Infatti non cè cosa più inutile che eseguire la sesta sinfonia di Beethoven
davanti a una platea di sordi. Questo non vuol dire, però, che la sinfonia non cè.
Vuol dire, semplicemente, che gli spettatori di quella platea, essendo sordi, non la odono
e pensano che non ci sia.
Così è di ogni uomo che non scorge il divino che cè nella natura. Si tratta di un
uomo sordo. La verità non è mai assoluta, è dentro i nostri occhi, dentro i nostri
cuori, nei nostri cuori intendenti, nella nostra voluntas agendi. E allora fa piacere
pensare con Ungaretti che immergendosi nel caldo abbraccio della natura, ascoltando le sue
voci, si avverte, poi si percepisce il brusio della vita. Si incontrano altri nomadi
damore, altre anime vagabonde che ci ricordano la nostra origine. Perché di una
radice, di un destino luomo ha bisogno come del pane, dellacqua e della luce.
E il manifesto dellEsasperatismo, corroborato dallentusiasmo e dal coraggio
del suo autore, ci spinge a questa presa di coscienza, a un più equo rapporto
delluomo con la natura. E io credo che sortirà grandi effetti perché se la parola
convince e, talora, conduce è lesempio che trascina.
Utopia? Ma Oscar Wilde sosteneva che una persona che non immagina lutopia non ha la
motivazione di esistere. Perciò noi sosteniamo e sosterremo lassunto
dellEsasperatismo con la mente ove nascono le idee e con la forza del cuore ove
germogliano i sogni. |